The Impossible

Dicembre 2004. Henry, Maria e i loro tre figli decidono di concedersi una vacanza natalizia lasciando il Giappone , dove lui lavora, per raggiungere la Thailandia. Anche se Henry ha qualche preoccupazione relativa al suo impiego il relax è totale. Fino a quando, la mattina del 26 uno tsunami di enormi proporzioni travolge tutto ciò che si trova di fronte. Maria viene trascinata via nella stessa direzione del figlio maggiore Lucas mentre Henry viene travolto mentre ha stretti a sé i due figli più piccoli. In quella catastrofe naturale moriranno trecentomila persone.
La didascalia iniziale del film ci ricorda che quella a cui stiamo per assistere è una storia vera e lo ribadisce. Si tratta di una giusta segnalazione perché è su questo elemento che si basa la credibilità del film. Quante volte assistiamo a vicende che sul grande schermo ci costringono alla ‘non’ sospensione dell’incredulità che la materia di cui sono fatti i sogni richiederebbe? Quante volte cioè ci vediamo proporre vicende per le quali ci viene da dubitare che chi ha scritto la sceneggiatura e poi diretto e montato il film sia dotato di un minimo senso della realtà? Non poche purtroppo.
The Impossible prende le mosse da questa nostra consapevolezza e sin dal titolo ci mette in guardia: ci verrà raccontato l’impossibile. Un impossibile che però, negli elementi essenziali che vengono proposti sullo schermo, è davvero accaduto. Perché la realtà talvolta supera la più fervida immaginazione e ciò che nella finzione ci appare come retorico si rivela invece come dannatamente umano. Perché è concentrandosi su un nucleo ristretto (una famiglia) coinvolto in un’immane tragedia che Bayona riesce a restituirci il senso di un disastro che nessun telegiornale era riuscito a offrirci. C’era arrivato vicino Clint Eastwood in Hereafter muovendosi però su altri piani di narrazione. Bayona falsifica volutamente un solo elemento: la famiglia nella realtà era spagnola ed era formata da Maria, Quique, Lucas, Tomas e Simon. La distribuzione internazionale del film e il casting richiedevano questo cambiamento.
Chi non sa nulla della loro vicenda però farà bene a non informarsi preventivamente perché il regista sa come toccare le corde più sensibili degli spettatori immergendo la sala quasi fisicamente in quelle acque in tumulto. Lo fa soprattutto grazie non tanto alle star Watts e McGregor ma con lo sguardo dolente di Tom Holland che interpreta Lucas. Bayona aveva già dato prova con The Orphanage di un’attenzione particolare verso i più giovani e quindi più indifesi (da quel film porta con sé per un cameo role scaramantico Geraldine Chaplin).
Il viaggio di Lucas nell’orrore inatteso ricorda da vicino quello di Jim ‘Jamie’ Graham de L’impero del sole di Steven Spielberg. Entrambi vengono catapultati all’improvviso in un inferno in cui sembra contare solo la possibilità di sopravvivere. Scopriranno che la paura della perdita e del distacco da chi ci è più caro lascia segni nel profondo ma avranno anche modo di entrare in contatto con un’umanità capace, nei momenti più estremi, di ritrovare una solidarietà che nel quotidiano sembra sempre più spesso anestetizzata.

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Siamo uguali

Passerà, stanotte passerà
E forse torneremo, ad amarci
Impazzirai, lo so che impazzirai
Perché non ci basta il tempo
Perché nulla basta mai
Anche se in fondo il nostro è amore
Usiamo stupide parole
Perché è stupido chi pensa che non serva anche il dolore
E siamo vicini ma lontani, e troppi tentativi vani
E forse arriverà, domani
Siamo uguali in fondo
E forse cercherai, le mie mani
Solo per un giorno
Non scappare dai miei sguardi
Non possono inseguirti, non voltarti dai
E forse capirai, quanto vali
Potrei darti il mondo
Ma griderai, sul silenzio della pioggia
E’ rancore e mal di testa, su una base un po’ distorta
Ti dirò, siamo uguali come vedi
Perché senza piedistalli, non riusciamo a stare in piedi
Ed è già tardi e vuoi far piano
Il cuore è il tuo bagaglio a mano perché hai tutti i pregi che odio
E quei difetti che io amo
E schegge di una voce rotta, mi hanno ferito un’altra volta
Ma forse arriverà, domani
Siamo uguali in fondo
E forse cercherai, le mie mani
Solo per un giorno
Non scappare dai miei sguardi
Non possono inseguirti, non voltarti dai
E forse capirai, quanto vali
Potrei darti il mondo
Ma io non ci sarò e vedrai
Sarà semplice
Scivolare per
Poi atterrare fra le braccia di chi vuoi
Non scappare dai miei sguardi
Non possono inseguirti, Non voltarti dai
E forse capirai, quanto vali
Potrei darti il mondo, tranne me.

Lorenzo Fragola

Piccola stella senza cielo

Cosa ci fai
In mezzo a tutta
Questa gente
Sei tu che vuoi
O in fin dei conti non ti frega niente
Tanti ti cercano
Spiazzati da una luce senza futuro.
Altri si allungano
Vorrebbero tenerti nel loro buio
Ti brucerai
Piccola stella senza cielo.
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo
Ti scioglierai
Dietro a una scia un soffio, un velo
Ti staccherai
Perche’ ti tiene su soltanto un filo, sai
Tieniti su le altre stelle son disposte
Solo che tu a volte credi non ti basti
Forse capitera’ che ti si chiuderanno gli occhi ancora
O soltanto sara’ una parentesi di una mezz’ora
Ti brucerai
Piccola stella senza cielo.
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo
Ti scioglierai
Dietro a una scia un soffio, un velo
Ti staccherai
Perche’ ti tiene su soltanto un filo, sai
Ti brucerai
Piccola stella senza cielo.
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo
Ti scioglierai
Dietro a una scia un soffio, un velo
Ti staccherai
Perche’ ti tiene su soltanto un filo.

Ligabue

Fatti avanti amore

annabelluz123

Abbiamo gambe
Per fare passi
Trovarci persi
Avvicinarci e poi

Abbiamo bocche
Per dare baci
O meglio dire
Per assaggiarci

Se un pianto ci fa nascere
Un senso a tutti il male forse c’è
Io sono pronto a vivere
Ti guardo e so perché

Siamo fatti per amare
Nonostante noi
Siamo due braccia
Con un cuore
Solo questo avrai da me
Fatti avanti amore
Fatti avanti amore

Per afferrarci
Girare insieme
Come ingranaggi e poi

Abbiamo occhi
Con cui vediamo
Ma se li chiudi
Ci riconosciamo
Perfetti come macchine
Miracolo di nervi ed anime
Io non ti chiederò perché
Ti stringo e credo a te

Siamo fatti per amare
Nonostante noi
Siamo due braccia
Con un cuore
Solo questo avrai da me
Fatti avanti amore
Fatti avanti amore

Senti quanto rumore
Il cuore lo fa da solo
Dividiamolo in due
Io la tengo per te
La sua parte migliore
Fatti…

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Flyboard

What is a Flyboard?
Looking at the board, you’d think it was something straight out of a science fiction film. A Flyboard enables the rider to use water pressure to ‘fly’ above the sea. The science behind it all is surprisingly simple. The rider wears a life jacket and a helmet for safety, and stands strapped into a board, much a like a small wakeboard, which is connected to a jet-ski with a 10m pipe, which pumps water into the board. The jet-ski engine supplies the power to pump the water and into the board, and that’s what propels it upwards. The instructor will be on the jet-ski controlling the pressure.

It looks tricky – does it need much skill?
No, you just need good balance. You don’t need to have muscles like Iron Man to be able to zoom around like him. As long as you can keep your balance, you’ll be fine. It doesn’t take too long to master either. SeaRide Dubai offers a minimum 30-minute session where after a short safety briefing and instructions on how the board works, they will have you up and away in 15 minutes. If you spend more time, or try it regularly, you can be confidently doing tricks and back flips within a few sessions.

Is it safe?
All water sports carry some risks, and the Flyboard is a safe activity to try as long as you listen to your guide’s instructions. You’ll be given a life jacket and helmet in case you fall off your board, and even if you do come off, it’s a fairly smooth landing. You don’t have to be in very deep water to try Flyboarding, and SeaRide operates just beyond the harbour. The board allows the rider to rocket up to 10m above the sea, and remain connected to the jet-ski. You don’t even need to be able to swim, so anybody can try this exciting sport.

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Osservazione microscopica a fresco di batteri presenti in un campione di yogurt

In gruppo con: Popolizio Valeria, Verona Giorgia

Obbiettivo: Osservare al microscopio i batteri presenti in un campione di yogurt.

Introduzione teorica: Esistono cellule di diverse dimensioni, alcune abbastanza grandi da essere visibili a occhio nudo, altre più piccole che per poterle osservare occorre munirsi di un microscopio, strumento che permette di risolvere e ingrandire oggetti di piccole dimensioni come nel nostro caso i batteri.

Materiali: Yogurt, acqua, provetta, ansa, pipetta Pasteaur, vetrino, vetrino copri oggetto.

Strumenti: Microscopio

Sostanze e reattivi: Yogurt, acqua.

Procedimento operativo: 

  1. Prelevare con un’ansa una piccola quantità di yogurt
  2. Trasferire il campione prelevato in una provetta contenente acqua
  3. Agitare fino a quando l’acqua diventa torbida
  4. Lasciare a temperatura ambiente per qualche minuto
  5. Prelevare con pipetta Pasteaur una goccia di sospensione
  6. Posizionarla in un vetrino
  7. Appoggiare il vetrino copri oggetto inclinato a 45° sul lato sinistro della goccia e trascinare in modo che la goccia venga stesa completamente sul vetrino.

Osservazioni e conclusioni: Dopo aver mescolato l’acqua e lo yogurt nella provetta, otteniamo un miscuglio torbido da cui poi preleveremo una goccia e la osserveremo al microscopio.

Al microscopio possiamo osservare, mettendo a fuoco e regolando la potenza della luce, i batteri presenti nello yogurt che si presentano sotto forma di piccoli “segni” scuri simili alla polvere.

Ho sceso, dandoti il braccio

Ho sceso, dandoti il braccio,
almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto
ad ogni gradino.
Anche così è stato breve
il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora,
né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale
dandoti il braccio
Non già perché con quattr’occhi
forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo
che di noi due
Le sole vere pupille,
sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Il colore del vestito

Un vestito e il suo colore hanno attirato molte attenzioni e notevoli volumi di traffico online nelle ultime ore. Il 25 febbraio Caitlin McNeill, una musicista folk scozzese, ha pubblicato sul proprio Tumblr una foto di un vestito con la didascalia: «Ragazzi per favore aiutatemi: questo vestito è bianco e oro o blu e nero? Io e i miei amici non riusciamo a metterci d’accordo e stiamo impazzendo». La ragazza ha ricevuto moltissima attenzione tanto che la discussione è poi passata sui social network – pure la cantante Taylor Swift si è unita al dibattito dicendo che per lei il vestito è chiaramente nero e blu – e sui giornali online. Per alcuni il vestito è nero e blu, per altri è bianco e oro, per altri ancora è blu e nero, per altri azzurro e marrone, per altri ancora addirittura rosso.

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Progetto “Dedica”

Dedica è un Festival costruito attorno a un grande autore della letteratura mondiale, con interviste, spettacoli, cinema, musica, mostre. È questa caratteristica a rendere Dedica, a ventun anni dal suo esordio, un evento ancora unico e originale nel panorama italiano delle rassegne letterarie. Nel 2015 il Festival rinnova la sua formula concentrando gli appuntamenti in otto giorni intensissimi, durante i quali il pubblico potrà seguire un percorso organico di riflessione sull’opera, il pensiero e il mondo dell’autore protagonista, LuisSepúlveda.

Cineasta, autore teatrale, poeta, Sepúlveda è soprattutto un romanziere di enorme successo in tutto il mondo: un successo che è un’ulteriore conferma – si pensi a García Márquez o Vargas Llosa, per restare in ambito sudamericano – del fatto che la qualità letteraria può coesistere con la popolarità presso un pubblico vasto. Con il suo linguaggio asciutto e allo stesso tempo intensissimo, con la sua capacità di attraversare i generi letterari, con la sua scrittura intrisa di leggerezza calviniana, Sepúlveda ha creato un universo narrativo pieno di humour e di speranza, affrontando temi come il viaggio e l’utopia, l’avventura e la politica, l’amore e la guerra, l’ironia e il mistero, l’amicizia e la lealtà, la passione e il rispetto per la natura.

Ideato e curato da Thesis Associazione culturale, il progetto Dedica è promosso da istituzioni ed enti pubblici – in special modo dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, dall’Agenzia Turismo Friuli Venezia Giulia, dal Comune di Pordenone, dalla Provincia di Pordenone, dalla Fondazione CRUP – e realizzato con il sostegno dello special partner Servizi CGN e di importanti soggetti privati: Illycaffè, Coop Consumatori Nordest, Acqua Dolomia-Sorgente Valcimoliana, Finanziaria Internazionale, FriulAdria Crédit Agricole, UnipolSai Assicurazioni (Agenzia di Pordenone) e Venchiaredo.

Dedica a Luis Sepúlveda ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica e il patrocinio dell’Ambasciata del Cile in Italia.

Teddy Boys

The Teddy Boy Attitude

The Teddy Boy subculture started in London in the 1950s and rapidly spread across the UK, becoming strongly associated with the American rock ‘n’ roll music of the day. It was an adventurous time as the Teds were the first youth group in England to differentiate themselves as teenagers, creating an entirely new vibrant youth market. Being smartly turned-out was essential to the Teddy boy style, it was a gang led philosophy and some groups were involved in violent clashes with rival subcultures such as the Mods. There was an overtly aggressive overtone to the Teddy boy look and many carried a flick knife as a fashion accessory. The most violent episode the Teddy boys were involved in was the Notting Hill Riot of 1958 in which Teddy boys were conspicuous in racial attacks.

During the 1960s the look evolved and many Teddy boys turned in to rockers or more insultingly, “greasers”. As the effect of post-World War II rationing lessened there was increased affluence; young people could buy motorbikes and were heavily influenced by the influx of music and film from America.

By the 1970s the look had been revived again by Vivienne Westwood and Malcolm McLaren in their Kings Road boutique, Let It Rock. However, this time the look brought in more glam rock elements influenced by the music of the day such as David Bowie, Marc Bolan, T. Rex and Lou Reed.

The Teddy Boy look

Teddy Boys were the first young generation to create their own teenage style. They made it acceptable to dress up and make an effort with their clothes at all times, rather than being limited to a work / school uniform and Sunday best. Teddy Boys were certainly distinctive, and their outfits often comprised:

  • Dark long drape jackets, sometimes with a velvet trim and pocket flaps – which came in handy when concealing weapons and alcohol.
  • Classic high-waisted ‘drainpipe’ trousers often revealed brightly coloured socks
  • Chunky brogues or large crepe soled shoes (known as brothel creepers), often made in suede.
  • To complete the look a high-necked loose-collared white shirt was favoured, with a narrow ‘slim Jim’ tie and a brocade waistcoat.

These clothes came with a hefty price tag as they were often tailor made and were mostly paid for in weekly instalments by the new fashion conscious crowd.

Experimental hairstyles were just as important as clothes for Teddy Boys. The preferred hairstyles included long, strongly-moulded greased-up hair with a quiff at the front and the side hair combed back to form a ‘Duck’s Arse’ – commonly known as a DA – shape at the back of the head. Another hairstyle was the Boston, in which the hair was greased straight back and cut square across at the nape. The Teddy Girls adopted American fashions such as toreador pants and circle skirts, although they tended to wear low-cut tops to make themselves look less prissy.